Smentire il motto di Wittgenstein. A Vincenzo Mauro e alle forze politiche
«Qualcosa può accadere o non accadere e tutto il resto rimanere uguale». È un pensiero del filosofo Ludwig Wittgenstein, che ricordai in un mio articolo su San Giovanni in Fiore, pubblicato sopra il Crotonese del 30 ottobre 2009, a pagina 31.
di Emiliano MORRONE
Allora scrivevo del possibile dissesto del municipio, di cui avevo parlato con il ragioniere dell’ente, Franco Scigliano. Nessuno era convinto che potesse arrivare, ma io lo ritenevo alle porte già dal 2005, tanto da essere considerato uno iettatore.
All’epoca, Antonio Nicoletti, predecessore dell’attuale sindaco Antonio Barile, mi rimproverava la lontananza da San Giovanni in Fiore, in realtà dovuta alla mia sorte di emigrato. Aggiungeva, poi, che ero stato bocciato alle comunali del 2005, sicché non avevo a suo avviso diritto di tribuna.
Nonostante la distanza fisica dalla mia città, sono sempre intervenuto sulle vicende politiche, economiche e sociali del posto, suggerendo una rivoluzione culturale in tre punti: autonomia di giudizio e di azione, fermezza nelle scelte e attivismo politico indipendente dai partiti.
Credo che anche i nemici più ostinati non riescano a obiettare questa costante della mia passione civile. E difficilmente i politici nostrani possono esibire una libertà effettiva.
Prima delle regionali del 2010 dissi in campagna elettorale che non avrei votato per Filippo Callipo, candidato presidente collegato con la lista che mi ospitava, perché in giro lo seguiva Tommaso Durante, uno dei mille opportunisti politici della Calabria. Il concetto era semplice: esponendo facce pulite ma imbarcando vecchi manovratori, il cambiamento sarebbe stato una vergognosa finzione.
Antonio Barile vinse le elezioni comunali per tre motivi: perché c’era stata un’opposizione serrata e apartitica al sistema di potere locale, di cui egli beneficiò indirettamente e tanto; perché calamitò una parte del dissenso sociale sulla necessità di salvaguardare l’ospedale civile e di evitare il riempimento della discarica di Vetrano (San Giovanni in Fiore); perché ottenne più consenso nel quartiere Olivaro, piuttosto abbandonato dagli avversari di centrosinistra.
Alle comunali del 2010, è certificato, i socialisti lo portarono al ballottaggio, votandolo al posto dell’alleato Pino Belcastro. Nel 2011, invece, Barile organizzò meglio le sue liste, inserendo – legittimamente, per carità – persone con un vasto parentato e anche noti procacciatori di voti per via delle loro postazioni nell’amministrazione regionale. Con questi accorgimenti, pragmatici e machiavellici, Barile conquistò la maggioranza pure in consiglio comunale.
All’indomani dal verdetto delle urne, San Giovanni in Fiore aveva un aspetto indescrivibile: fiducia, serenità e speranza si leggevano negli occhi rischiarati dei cittadini, che sembravano aver superato una lunga epoca di tirannide o di repressione. Anche i muri partecipavano alla gioia, già cantata con entusiasmo d’animo da Vinicio Capossela in L’uomo vivo.
Presto, però, questa disposizione collettiva si trasformò prima in delusione, poi in rabbia e in profondo malcontento. Barile assunse decisioni contraddittorie rispetto alle premesse di riforma; a partire dalla composizione della giunta.
Non ci volle molto a capire il suo rapporto di dipendenza dal potere cosentino dei fratelli Gentile, la cui influenza fu determinante, pare, anche per la scelta del segretario comunale. Da notare che Pino Gentile prestava attenzione alle critiche che il giornale la Voce di Fiore rivolgeva ai seguaci di Mario Oliverio, utilizzandone la forza dell’oggettività a proprio vantaggio (vedi il video su YouTube tra il minuto 8,24 e il minuto 8,53). Noi scrivevamo senza un fine e non avevamo rapporti con alcuno, di destra o di sinistra.
Barile mostrò anche la piena subordinazione al governatore Giuseppe Scopelliti, assecondandone provvedimenti scriteriati contro San Giovanni in Fiore, a partire dall’ordinanza per il conferimento diretto dei rifiuti in discarica e dal piano di rientro dal debito nella sanità, bocciato dal ministro dell’Economia.
Insomma, Barile negò le sue stesse battaglie, preferendo obbedire a Scopelliti in cambio di misure per il suo elettorato fisso; per esempio un emendamento, ficcato dal governatore nell’ultima legge di stabilità, con cui la Calabria ha ottenuto diversi milioni per i soggetti nell’elenco di Sial e Cooperative, spesso obbligati a ripagare con il voto, sicuramente non libero.
Barile ha scelto, attenzione, di non avere le mani libere: nessuno gli ha imposto di ignorare le richieste della comunità di San Giovanni in Fiore riguardo all’ospedale. Al contrario, atteso che la sanità regionale e locale erano da riordinare, Barile ha tenuto un atteggiamento volutamente remissivo con Scopelliti, barattando l’ospedale per onorare debiti elettorali.
La vicenda amministrativa di Barile ci insegna due cose:
1) che non c’è sviluppo per nessuno, nella nostra amata e martoriata terra, se si continua con un assistenzialismo che non crea posti di lavoro ma favorisce una sola parte della società e l’emigrazione delle nuove generazioni, convincendo i più che le istituzioni di governo siano un collocamento;
2) che per ricuperare il tempo e il terreno perso dalle amministrazioni del passato non serve un contabile che si autoproclami l’unico esperto di bilancio, ma è necessario che i cittadini difendano San Giovanni in Fiore dallo spopolamento, eleggendo soggetti lontani dagli interessi privati del potere e nel contempo capaci del coraggio della verità.
Mantenere in carica l’esecutivo attuale o per l’intanto il suo sindaco sarebbe prova di un masochismo politico o di un attaccamento morboso a poltroncine inutili. Mi appello soprattutto agli amici Vincenzo Mauro (nella foto sopra, nda), Luciano Iaquinta e Francesco Gallo, ciascuno con la loro rispettabile visione politica, perché sostengano e votino la sfiducia al presidente del consiglio comunale Luigi Astorino, proposta da consiglieri di maggioranza. Questa sfiducia, di là dalle ragioni dei proponenti, sarebbe prodromica al ritorno alle urne adesso utile, sicché è obiettivo da raggiungere.
Non c’è più un motivo per tenere in piedi la baracca di Gentile-Scopelliti-Barile, che ha perduto il rapporto con la realtà. Caro Vincenzo Mauro, sai benissimo, di là dai tuoi disappunti sulla politica locale, che Barile ha costantemente detto una cosa per fare il contrario appena dopo. Tu sei uno dei testimoni delle sue promesse vuote sull’Abbazia florense; promesse che sul piano politico non gli perdoneremo io e Roberto Bonina, che senza appartenenze invitammo tutta la politica a una discussione democratica sull’esigenza di tutelare e rilanciare il nostro più importante monumento, al cui interno si trova, nell’immobilismo complice della Regione Calabria e del nostro primo cittadino, una casa di riposo privata. Ricorderai bene che ai tempi Roberto e io prendemmo insulti di ogni specie dai vari Pierino Lopez e company, che avevano occhi di fuoco quando portammo sullo stesso palco – e a distanza dalle elezioni – Angela Napoli, Luigi de Magistris e Tonino Acri, insistendo su «politica della cultura e cultura della politica».
Ecco, da allora noi abbiamo continuato a predicare a nostre spese che la politica non è un mezzo per sistemare se stessi e i propri cari. Inoltre, abbiamo cercato di stimolare una discussione politica pubblica, che Barile ha mandato in aria con il suo discorso perpetuo contro i predecessori; discorso con cui ha lungamente giustificato la sua imbarazzante prostrazione al duo Gentile-Scopelliti e il suo governo dell’improvvisazione, privo di progetti, programmi, obiettivi.
Ricorderai benissimo, caro Vincenzo, quando Barile e lo stesso Astorino parteciparono alla catena umana per l’Abbazia florense, immortalati dalle telecamere insieme ad Angela Napoli e a Luigi de Magistris. Ricorderai perché c’eri pure tu: c’eri in quel contesto, nel quale Roberto, io e pochi altri agivamo al di là di tornaconti, convinti che lo sviluppo civile, economico e sociale muove – la Crusca suggerisce l’indicativo – dalla memoria e dalla cultura. E ricorderai ancora meglio, caro Vincenzo, il silenzio tombale di Barile e codazzo quando Gaetano Pignanelli mi querelò per aver scritto di un suo parere falso, non corrispondente a verità, rilasciato per le pratiche in Regione della casa di riposo. Come ricorderai del silenzio della politica quando venni assolto per quella storia, perché avevo scritto – scomodando Pignanelli – la mera verità, di cui in largo si ha una paura fottuta.
Ricorderai lucidamente, Vincenzo, l’ambiguità che rimproverammo ad Astorino, poi costretto a dimettersi come medico di quella benedetta – e davvero – casa di riposo. Nel Vangelo c’è scritto di scegliere: o Dio o Mammona.
Ora devi scegliere pure tu, Vincenzo, amico mio. Non puoi spostare il discorso, guardando a eventuali appetiti di tuoi compagni di schieramento: o legittimi a oltranza il nulla politico del governo locale, oppure ne determini la fine e con un gesto chiaro, preciso, autonomo: il voto di sfiducia.
Mi rivolgo anche a Francesco Gallo, chiamato a dimostrare le reali intenzioni di rinnovamento, spesso dichiarate tramite comunicati ben ripresi dalla stampa. Francesco, «qui si parrà la tua nobilitate». Ci sono momenti in cui i rimpasti di governo, come li chiama la dottrina, sono una soluzione ancora più dannosa. Barile si è politicamente squalificato da solo. Mario Oliverio, volpe più che lupo, aveva capito anzitempo che sarebbe finita così.
A voi di centrodestra, Vincenzo, non resta che riorganizzarvi, cambiare uomini e, soprattutto, esporre un programma, una visione su come dovrà essere San Giovanni in Fiore. Lo stesso chiedo al centrosinistra e all’Udc, che hanno coinvolto dei giovani, chiamati a dimostrare le loro intenzioni e la loro autonomia.
A Luciano Iaquinta, compagno d’avventura nel movimento Vattimo per la città, chiedo di seguire il suo senso di giustizia. Luciano caro, non si può più permettere che San Giovanni in Fiore sia così abbandonata: se le sedie del potere fossero rimaste vuote sino ad ora, il risultato sarebbe stato identico all’attuale, ma con costi decisamente inferiori. Confido nella tua fermezza e nel tuo senso del bene comune.
Per ultimo, spero che anche il Movimento Cinque Stelle si faccia sentire e si renda visibile a San Giovanni in Fiore come sta facendo in Calabria, in cui suoi giovani parlamentari vanno dimostrando di non avere timori reverenziali o portafogli da riempire.
Soprattutto, mi auguro che da qui in avanti, destre, sinistre e movimenti si dispongano al confronto politico con un’intenzione e un linguaggio nuovi, di sostanza. Mi auguro che sappiano parlare senza ipocrisie o difese d’ufficio; che comprendano l’emergenza in cui versa il nostro territorio e rinuncino alle pratiche dell’assistenzialismo e alle logiche della quantità, dei numeri.
La sfida di tutti è smentire il motto di Wittgenstein, per cui «qualcosa può accadere o non accadere e tutto il resto rimanere uguale».
“VERITAS NUNQUAM PERIT”
Carissimo Emiliano, ti ho letto ed ecco arrivo subito al nocciolo della questio,di cui tu argomenti.
– Io non ho firmato il documento per la decadenza del Presidente del consiglio dr Luigi Astorino,non perche’ non mi e’ stato proposto ,ne’ fatto visionare ne’ fatto pervenire all’orecchio neanche come notizia , ma perche’, anche se proposto, non lo avrei fatto.
-Pertanto io ,se arriva in consiglio ,io non voto per la sua decadenza.
– Io rimarro’ al mio posto, mi opporro’ alle false argomentazioni, con la forza della chiarezza che mi caratterizza,affinche’ prevalga la veritas “vincit omnia veritas”.
Oggi chiedere le dimissionidel Presidente del consiglio, con tanti problemi che viviamo, nel modo in cui sono state chieste ” sarebbe inadeguato alle sue mansioni”, e’ ingiusto,fuorviante, offensivo per la inteligenza dei sangiovannesi.
Non capisco perche’ un degno ed onesto cittadino,professionista debba subire questi attacchi denigratori .
In consiglio,tutti nella propia dignita’ di cittadini, laureati e non,onesti operai ed imprenditori, esigiamo rispetto.
La verita’ e’ un’altra.
Il “casus belli”,nel chiedere le dimissioni del collega dr Luigi Astorino, che io ritengo ,una persona perbene, colta ed onesta, e’ ridicolo e fuorviante.
L’opposizione,informata ed avvicinata,a differenza del sottoscritto,da alcuni colleghi di maggioranza, ha firmato e forse sbagliando nella sostanza del problema, ed ha fatto il mestiere di opposizione.
I componenti di maggioranza, ritengo che nel firmare e/o proporre, la dimissione del Presidente, da noi eletto a tale carica, in un momento di “Annus Orribilis”per il paese ed in un momento in cui bisognerebbe avere sentimenti di impegno “Pro Patria”, per il nostro amato paese ,hanno aspirazioni diverse e forse anche giuste: il rimpasto della componente amministrativa.
Cosa c’entrano le dimissione del dr Astorino, quando abbiamo tanta carne a cuocere:la sanita’ cittadina, le tasse , il lavoro che manca, il dissesto che sta arrivando e va modulato ,pensato, argomentato ecc
E poi anche l’eventuale rimpasto della giunta, poteva essere un argomento discutibile ,proponibile.
Si e’ proposto un “casus belli”, forse offensivo,senza motivazioni: si dobbiamo dirlo: Il collega Astorino, vive con piu’ vicinanza le vicissitudini del sindaco Barile,come politico e come amico ; ma questo puo’ essere censurato, denigrato ,se ‘ e’ un sentimento di valori umani nobili?
Certamente presto o prestissimo si andra’ a votare.E giusto riflettere come pilotare il dissesto,riflettere,essere onesti moralmente,contraopporsi nel modo giusto, trovare una via equilibrata e corretta per il paese.
La storia sangiovannese ci raccontera’ dei veri e falsi eroi, di uomini e di mezzi uomini.
Un abbraccio: Vincenzo Mauro