San Giovanni in Fiore: fatiga allu scuordu, ammucciàti Comune e Regione
San Giovanni in Fiore, il «Comitato cittadino per il lavoro dignitoso» torna sul dramma dell’occupazione con un proprio comunicato, accusando l’abbandono da parte del Comune e della Regione Calabria. Infatti le «rivendicazioni civili, pacifiche e costruttive» dei disoccupati «risalgono al febbraio 2016» e finora non c’è nulla di concreto. «La scadenza – incalza il Comitato – per la presentazione dei progetti regionali, prima stabilita a fine aprile 2017, poi slittata a fine maggio 2017, sarà di nuovo spostata a fine giugno 2017, cioè, date le vacanze estive, alla primavera del 2018».
di Emiliano Morrone
Davanti a questa prospettiva, il Comitato esprime netto «disaccordo». E rimarca la distanza dalle misure messe in atto dal potere pubblico: «La Regione Calabria aveva proposto un corso di formazione di sei mesi ma solo per 230 persone. Per l’appunto, l’irreale e presuntuoso titolo della Delibera n. 90 del 13 ottobre 2016 si riferisce allo “sviluppo locale e creazione di impresa nel Comune di San Giovanni in Fiore”». «Oggi – tuona il Comitato – l’iniziativa, priva di ogni reale sbocco lavorativo, unicamente calcolata per spaccare l’unita del movimento dei disoccupati di San Giovanni in Fiore, è in mano alla Guardia di Finanza».
Il sindaco di San Giovanni in Fiore, Giuseppe Belcastro, ha detto che il Comune ha fornito le domande ricevute dal municipio alle Fiamme gialle, al fine di evitare imbrogli. Una soluzione insolita, che da più parti viene ritenuta utile a guadagnare tempo e ad evitare che il governo locale assuma decisioni. Dal Comitato commentano: «Non si potrà più rispettare la scadenza del 17 settembre 2017 indicata nella Delibera comunale» e «i cittadini non sono informati» degli sviluppi della pratica.
Poi una ricostruzione dei fatti vera e incontestabile: «La Regione non ha rispettato la sua promessa di apertura di un tavolo tecnico formulata in Prefettura il 3 novembre 2016. Questo tavolo tecnico doveva attuare almeno alcuni dei 7 progetti presentati dal Comitato, facendo ricorso alla creazione di cooperative pubbliche capaci di fornire il co-finanziamento necessario per attingere ai fondi europei. La Regione Calabria ha poi disertato l’incontro in Prefettura tenutosi il 7 febbraio 2017, senza nemmeno avvertire le altre parti interessate. Le richieste della Prefettura furono ignorate dai dirigenti regionali».
E l‘affondo: «Dato che la mobilizzazione dei precari e disoccupati di San Giovanni in Fiore non mollava, la Regione cercò sbarazzarsi del promesso tavolo tecnico, proponendo di finanziare dei progetti nel campo boschivo al 100%, per cooperative da creare a San Giovanni in Fiore. Lo fece durante l’incontro alla Cittadella del 28 Marzo 2017. Questa proposta tardiva appare comunque poco razionale, visto che i soldi disponibili potevano essere moltiplicati per 2 o 4 scegliendo la strade indicata dal Comitato, cioè quella della creazione di cooperative pubbliche con un co-finanziamento regionale. Malgrado le riserve sul metodo, il Comitato accettò di percorrere la strada indicata dalla Regione».
Insomma, il Comitato contesta i ritardi, i rinvii e la mancanza di chiarezza del Comune di San Giovanni in Fiore e della Regione Calabria, chiedendo agli enti «che tipo di cooperative» si debbano «formare», se «di produzione e lavoro» oppure «agricole». Il Comitato lamenta anche nebulosità sui progetti da proporre, sulla proroga della scadenza di presentazione dei progetti occupazionali e sull’ammontare delle risorse previste per quelli su San Giovanni in Fiore, chiedendo di trasmettere precise «risposte al portavoce del Comitato, professor Paolo De Marco».
Facciamo il punto, con una memoria di Cinanni (in foto, ndr)
Il Comune di San Giovanni in Fiore non illuda i disoccupati. E non lo faccia la Regione Calabria, guidata dal concittadino Mario Oliverio, sempre più silenzioso e preoccupato dai futuri scenari nazionali.
Il punto è chiaro: finora i manifestanti non hanno chiesto grazie, corsie preferenziali od assistenza. Al contrario, hanno consegnato progetti di lavoro vero, trovando la strada sbarrata e subendo un umiliante ping pong tra enti e uffici, che a un anno e passa dalle proteste non hanno dato risposte effettive né indicato una strada concreta, sulla base delle norme e dei fondi disponibili. Ne sono testimone, per aver partecipato a diversi incontri in Prefettura, che invece è stata attenta e impeccabile.
Qui bisogna liberare il campo dagli equivoci. Sono stati proprio i disoccupati a rifiutare l’assistenzialismo con cui in Calabria si è soliti rispondere alle masse. L’economista Paolo De Marco, per sua scelta portavoce dei disoccupati, ha messo sul piatto una serie di proposte per creare lavoro, da principio suggerendo la creazione di cooperative per attingere a risorse europee.
De Marco è scomodo perché sa: conosce le leggi, l’amministrazione pubblica e le possibilità reali di intervento. Per questo la politica ha cercato di allontanarlo e di trattare di persona coi disoccupati, senza la sua ingombrante presenza. A De Marco non si possono raccontare frottole né lo si può screditare o rinviare alle calende greche. No lo si può intortare, insomma, perché dopo parla, va di penna, obietta e sputtana.
Ed è proprio ciò che sta avvenendo, se si guardano i tempi e gli sviluppi di tutta la vicenda, che il Consiglio comunale di San Giovanni in Fiore non ha mai voluto affrontare in seduta pubblica, tolta l’opposizione. Il motivo di ciò è uno soltanto: per espressa rinuncia alla lotta, i vecchi comunisti transitati nel Pd si sono trasformati in pedine di un potere capitalistico che non vede nulla e che abbisogna di strutture istituzionali per cancellare il lavoro e la dignità dei lavoratori.
De Marco mi ricorda Paolo Cinanni, la cui lezione, maturata proprio a San Giovanni in Fiore, è stata accantonata in fretta dal potere politico locale, di cui Oliverio è la massima espressione. Scriveva Cinanni: «L’intero rapporto sociale é costruito sul lavoro: oggi esso è diviso in “lavoro vivo” – comprendente sia il lavoro manuale che quello intellettuale – e in lavoro oggettivato, cioè in capitale. Nell’attuale modo di produzione capitalistico, il lavoro oggettivato, o capitale, ha preso il potere di comando, subordinando ad esso il lavoro vivo: ciò è all’origine sia della divisione in classi che del processo di sfruttamento dell’uomo sull’uomo; sul plano politico, ciò genera la lotta delle classi per la difesa dei loro interessi contrapposti, mentre sul piano economico genera le periodiche crisi e le gravi contraddizioni sociali che limitano lo sviluppo medesimo delle forze produttive, per l’interesse egoistico e l’incapacità del singolo capitalista di far corrispondere il tempo di lavoro alle potenzialità di tutte le forze produttive, cioè al livello di produttività generale raggiunto dal progresso tecnico-scientifico». «La produttività in sé – sosteneva Cinanni – è la misura del progresso della società dell’uomo, ma il dominio del capitale sul processo di produzione la trasforma oggi nello strumento della sua più rapida accumulazione e riproduzione, e nel potere egoistico che attenta al diritto stesso al lavoro e al benessere dei prestatori d’opera».
Leggendo, nel Pd locale avranno un moto interiore, per aver perduto, forse per sempre, l’opportunità di creare a San Giovanni in Fiore sviluppo e autonomia, di fermare un’emigrazione crescente, ignorata, letale.
Emiliano Morrone
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