Lo scoppolone a Scopelliti e Magorni (VIDEO)
IL TESTO DEL MONOLOGO
Il silenzio è una categoria dello spirito in Calabria, dove la politica vive di annunci e soap, mentre i giornali seguono con passione; come se le dimissioni di un governatore prossimo alla sospensione potessero cambiare le sorti di una terra di emigrazione, controllo del lavoro da parte di politica e ‘ndrangheta – che a volte sono la stessa cosa – e rischio perpetuo negli ospedali.
Chiunque verrà dopo Scopelliti dovrà fare i conti col bisogno, canterebbe Angelo Branduardi, di sanità di sanità.
L’omicidio Fortugno ha insegnato ben poco alla classe politica, in larga parte arrogante, mangiona e schiava di Roma; Iddio non la creò.
Mentre si accertano i rimborsi portati dai consiglieri regionali per caffè, mutande, gràttati e vinci e, manca poco, bambole gonfiabili;
mentre Pino Gentile – il “Cinghiale” anagraficamente più vecchio, parafrasando Umbertino “Ci facimmu nu reportage” De Rose telefona a Gianfranco “Consulenze” Scarpelli e gli dice: «Quella cosa che tu mi hai detto della magistratura non è vera proprio, hai capito?»;
mentre Ernesto “Che Guevara” Magorno scrive a Matteo “80 euro” Renzi e «ce rice cumm’è bella chella Rai ‘e Pullicinella»;
mentre “Reportagge” De Rose riceve un “condono” da 6 milioni di euro grazie a una leggina regionale «modello Giuditta» che cancella i debiti degli imprenditori che hanno preso soldi ma non hanno rispettato i patti;
mentre scoppia il troiaio a Catanzaro e il sindaco Abramo si guarda i talloni e i Tallini;
mentre il sostituto pg di Milano chiede la conferma della condanna per concorso esterno mafioso di Franco “Casaechiesa” “Olioelampàda” Morelli;
mentre Mario “Dalla doppia palla” si prepara per le primarie – in Regione – del Pd, che videro già l’affermazione di Enzina “Virgo” Bossio, Rosy “Blindata” e, per esempio, Nicodemo “Don Sturzo” Oliverio alla Camera dei “Depu-tanti”;
mentre anche la Chiesa calabrese «si rinnova» coi processi a porte chiuse per favoreggiamento di preti che hanno venduto abusivamente loculi cimiteriali e terreni parrocchiali;
mentre «qui c’è tanta gente che nun c’ha l’acqua corrente, nun c’ha niente»;
la sanità è uno «sfasciume pendulo», l’Annunziata di Cosenza scoppia di cristiani e musulmani, sul Tirreno t’attacchi al tram, l’interno della Calabria è morto, uno dei quattro nuovi ospedali regionali è nel casino pesto per l’acquisto dell’Asp reggina di un terreno che non era della Provincia di Reggio, la gestione dei servizi ospedalieri andrebbe a quei figoni di Infrastrutture “Celesti” Lombarde, con la benedizione del Garante del Mercato, prima contrario, e dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici.
Inoltre, il “povero” primario della Cardiochirurgia pubblica di Catanzaro, Attilio Renzulli, è stato cacciato, si legge, perché si era permesso di chiedere una terapia intensiva dedicata. In compenso non ha vinto l’abilitazione all’ordinariato, che, per esempio, ha preso Giacomo Frati, figlio del rettore della Sapienza Luigi e – ha scritto Gian Antonio Stella – «primario che operava i manichini».
«Sa cazz’i notizia» che la Calabria è «mmienzu na via» – per citare un ignoto fisarmonicista rumeno – non occuperà l’attenzione delle nostre coscienze, perché tutto è già scritto e non scritto, e a noi non resta che chinare il capo o prendere la valigia e partire.
Oppure, forse, alzare la testa, alzare la voce e… alzare la penna.
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